lunedì 30 giugno 2008

Wor(L)ds

E' con piacere che vi segnalo l'evento Complessità 2008, quest'anno intitolato Wor(L)ds. Il linguaggio crea mondi che si terrà il 4 e 5 luglio 2008 a Trento.


L'evento è progettato ed organizzato dagli allievi della 5a edizione del Mart>Mac Master of Art and Culture Management di tsm-Trentino School of Management, volto all’approfondimento di tematiche connesse all’epistemologia della complessità nei suoi risvolti scientifici e filosofici. L’edizione di quest’anno, come nel corso degli anni precedenti, vuole proporre nuove occasioni, spunti di indagine e confronto sui rapporti tra intuizione scientifica, creazione artistica ed analisi antropologica.

Lo spunto teorico, che fornirà il filo conduttore, viene offerto dall’ultimo lavoro di Aldo Giorgio Gargani, Wittgenstein. Musica, parola, gesto: una riflessione sulle ricerche del filosofo austriaco in materia di linguaggio ed espressività. Lo stesso Gargani sarà protagonista di alcuni dei momenti principali dell’evento.

Qui trovate il ricchissimo programma dell'evento, fitto di conferenze ed eventi collaterali. Qui potete iscrivervi. La partecipazione è gratuita, cogliete l'occasione. Io non potrò esserci, purtroppo. Qualcuno che ci va mi racconta???

domenica 29 giugno 2008

ultima puntata sulla open innovation

Ho voluto lasciare spazio al post di Emil Abirascid, senza mettergli sopra altri post. Meritava una grande visibilità, perchè inquadra molto bene l'eco-sistema dell'innovazione.

Nelle ultime settimane abbiamo parlato di innovazione. Innovazione aperta, generata dai lead users. Eco-sistema dell'innovazione, sistema complesso di molti attori in relazione in un paesaggio gommoso, dove i movimenti di ogni agente hanno effetto sull'intero paesaggio.

Prima di chiudere questo capitolo, vi voglio segnalare questo blog, per rimanere costantemente aggiornati su queste tematiche.

Buon week-end!

martedì 24 giugno 2008

il post di Emil Abirascid per ComplessaMente

Come preannunciato ieri, ho l’onore di ospitare un post di Emil Abirascid, uno dei piu’ preparati giornalisti di innovazione in Italia. Emil scrive sul blog innov’azione, oltre a collaborare con Il Sole 24 Ore e altre importanti testate. Lo ho conosciuto ad Innovaction a Udine e abbiamo parlato a lungo di complessita’ e innovazione. In questo post per i lettori di ComplessaMente, analizza la situazione attuale e le prospettive del complesso ecosistema dell’innovazione in Italia. Un’innovazione sempre piu’ aperta, sempre piu’ rete, sempre meno muri e barriere. Grazie Emil.


Abbattere i muri nell’ecosistema dell’innovazione
di Emil Abirascid

Innovazione concreta, idee che diventano business, che aiutano il Paese a guadagnare in competitività e a investire nel futuro. Non mancano le idee e negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative a sostegno di tali idee: ci sono le Università che hanno iniziato a comprendere come sfruttare i risultati delle ricerche, ci sono gli incubatori, i parchi scientifici e tecnologici, i distretti, alcuni funzionano meglio di altri ma in generale il livello è buono. Ci sono anche le figure finanziarie come i venture capital, i seed capital e i business angel, le finanziarie regionali, e perfino alcune banche e fondazioni bancarie che dimostrano un crescente attivismo. Ci sono iniziative come gli eventi per fare incontrare start-up con investitori, le fiere come Percorsi dell’innovazione e Research to business, i premi come il Premio nazionale innovazione e Start-up dell’anno, entrambi organizzati dall’associazione degli incubatori universitari.

Insomma l’ecosistema dell’innovazione marcia e produce anche i primi risultati, start-up che hanno 3-4 anni di vita e che fatturano 1-2 milioni di euro nei più diversi settori: biotecnologie, nanotecnologie, information technology, robotica ecc.
L’ecosistema è però nato dal basso, senza una regia comune, senza una spinta istituzionale, è cresciuto con velocità diverse da regione a regione e ora per continuare a fare bene, per capitalizzare ciò che è stato realizzato fino a oggi, serve un passo avanti.
In attesa che le istituzioni prendano atto del fenomeno e dei ritmi rapidi con i quali si muove, serve lavorare su due fronti: creare maggiore sinergia tra gli attori dell’ecosistema dell’innovazione, accelerare sul fronte del dialogo con le imprese al fine di favorire il trasferimento tecnologico e della conoscenza.

Non servono convegni, congressi, propositi, progetti dai tempi spesso troppo lunghi per essere efficaci. Servono incontri, confronti, dialogo aperto. Serve che il giovane ricercatore che ha acceso la scintilla della sua start-up possa avere occasioni di dialogo con gli amministratori delegati di grandi, medie e piccole aziende. Serve che i due mondi si conoscano da vicino. Serve che le imprese che trainano l’economia del Paese trovino il tempo per andare a vedere che succede nei laboratori universitari, negli incubatori, nei parchi scientifici e tecnologici. Questa è la strada obbligata capace di portare vantaggi a tutti: alle imprese consolidate che hanno la possibilità di trovare innovazioni capaci di accrescere la loro competitività, alle start-up che possono entrare in contatto con il mondo industriale per creare partnership industriali e anche finanziarie.

Serve una maggiore cultura dell’innovazione che ruoti attorno alle questioni concrete che devono essere discusse, analizzate, affrontate e risolte una ad una, solo così si riusciranno ad abbattere i muri che ancora impediscono un pieno, franco e costante dialogo tra ricerca e impresa.

lunedì 23 giugno 2008

ecosistema dell'innovazione

Si parlava, quindi, di innovazione aperta. Aperta soprattutto ai consumatori, che diventano i veri e propri innovatori, creatori, artefici.
Nei giorni scorsi, siamo saliti e scesi per sentieri impervi con la mountain bike, abbiamo planato alla ricerca di nuove emozioni tra acqua e cielo con il kitesurf e infine abbiamo sentito la spiegazione di tutto questo dalla voce del prof. Von Hippel.

Ma innovazione aperta significa rete tra tutti gli attori rilevanti.
Fornitori, clienti, altre imprese, comunità professionali, sistema creditizio e finanziario, centri di ricerca e università, pubblica amministrazione, associazioni di categoria e sindacati, istituzioni socio-culturali, altri enti.
Significa abbattere muri. Significa ecosistema dell'innovazione.

Domani pubblico un post scritto appositamente per i lettori di ComplessaMente da parte di uno dei piu' preparati giornalisti dell'innovazione in Italia.
Stay tuned.

mercoledì 18 giugno 2008

o meglio il kitesurfing?

Invece che un giro in mountain bike, preferite volare sull’acqua trainati da un aquilone?
Il kitesurfing e’ lo sport d'acqua che si sta diffondendo più velocemente in assoluto. Si pratica con un'apposita tavola e un aquilone (kite o ala), manovrato mediante una barra di controllo collegata ad esso da cavi lunghi e sottili in dyneema.





A proposito di innovazione aperta, a proposito di lead users, non solo le attrezzature, ma lo sport stesso e’ stato inventato da utilizzatori curiosi, alla ricerca di nuove emozioni tra acqua e cielo. Dopo le sperimentazioni e i remix di pionieri alle isole Hawaii, il successo commerciale e’ stato impressionante. 1999, prime produzioni; 2001, 5.000 tavole e aquiloni; 2002, 30.000; 2003, 70.000, cioe’ piu’di 100 milioni di dollari di vendite, con il 40% del mercato detenuto dalla Robbie Naish.

Il web 2.0 ha contribuito a diffondere le sperimentazioni e i remix dei pionieri e ha favorito questa crescita straordinaria. Nel 2001, Saul Griffith, pioniere e dottorando al MIT, crea zeroprestige, una community per gli amanti di questa esperienza nascente. Progettare aquiloni per kitesurfing infatti implica una comprensione molto sofisticata dell’aerodinamica delle basse velocita’ e condividere le conoscenze e’ fondamentale. Inizialmente Griffith posta le sue esperienze nella costruzione di kites. Altri pionieri vengono invitati a scaricare gratuitamente le informazioni e aggiornarle con le proprie. Molto presto si aggiungono appassionati da tutto il mondo: condividono i propri progetti, danno suggerimenti, costruiscono insieme sofisticati software open source di modellazione aerodinamica e prototipazione rapida.

Il resto e’ storia recente, attuale. Ovunque le condizioni del vento lo consentano, vedrete giovani planare alla ricerca di nuove emozioni tra acqua e cielo. Il kitesurf e’ lo sport d’acqua che si sta diffondendo più velocemente. Non e’ stato inventato all’interno di un’organizzazione, ma da consumatori in rete. E’ stato inventato “fuori”, ammesso che esistano ancora un “fuori” e un “dentro”. E’ stato creato dal “basso”, ammesso che esistano ancora un “basso” e un “alto”.

martedì 17 giugno 2008

un giro in mountain bike?

La conoscete tutti. La possedete in molti. Ma, a proposito di innovazione aperta, a proposito di lead users, conoscete la storia della mountain bike?


Inizi anni ‘70, Marin County, California. Un gruppo di giovani, alla ricerca di emozioni, decide di andare off-road con le proprie biciclette. Bici tradizionali: gomme, freni, telaio perfetti per tranquille pedalate in strada, non per salire e scendere sentieri impervi. E percio’, come in Pimp my ride su MTV dove vecchie macchine scassate diventano lussi da esibire, come nei garage di adolescenti di tutto il mondo dove sgangherati cinquantini diventano moto da strada, le manomettono, distruggono e creano, remixano.
Un forte telaio, gomme adatte, freni a tamburo presi dalla moto. Ecco nasce una nuova bicicletta. La chiamano clunker, tradotto catorcio. Oggi, mountain bike. Una suggestiva cronaca di quelle prime sperimentazioni e’ descritta da Richard Nilsen in questo numero del 1978 del Co-Evolution Quarterly.

Nel 1975 inizia la prima produzione commerciale delle mountain bike e l’anno successivo vi e’ una mezza dozzina di piccoli assemblatori in California. Nel 1982, una piccola azienda di nome Specialized porta la prima mountain bike sul mercato di massa. Sara’ un successo, sotto gli occhi di tutti. Nel 2000, la categoria mountain bike vale il 65% del mercato delle biciclette USA, ovvero 58 miliardi di dollari.
In Italia, il primo modello (il mitico Rampichino) viene lanciato dalla Cinelli nel 1985. Oggi, la conosciamo tutti, la possediamo in molti. E, a proposito di innovazione aperta, a proposito di lead users, e’ proprio grazie alle sperimentazioni di un gruppo di giovani appassionati che volevano salire e scendere per sentieri impervi se oggi possiamo prenotare la nostra vacanza in mountain bike in Toscana.

domenica 15 giugno 2008

dove nasce l'innovazione

Per la prima volta dopo l'impresa fordista, l'innovazione, la vera innovazione, è fuori, ammesso che esistano ancora un "fuori" e un "dentro". Fuori dai confini dell'azienda. Fuori, nel mondo, nella rete, si stanno creando significati e narrazioni ad una velocità senza precedenti.

E non solo significati e narrazioni. Anche prodotti, servizi, modelli di business.

Eric Von Hippel, MIT Sloan School of Management, ha sviluppato la teoria dei lead users. Consumatori, utilizzatori che non si accontentano dei prodotti massificati, confezionati per loro come per milioni di altri. Loro hanno bisogni diversi, loro sentono il bisogno di innovare. Loro vogliono esplorare il Tesoro delle possibilità.

In Democratising innovation, Von Hippel sintetizza così questo cambiamento:

We have learned that lead users sometimes develop and modify products for themselves and often freely reveal what they have done. We have also seen that many users can be interested in adopting the solutions that lead users have developed. Taken together, these findings offer the basis for usercentered innovation systems that can entirely supplant manufacturer-based innovation systems under some conditions and complement them under most. User-centered innovation is steadily increasing in importance as computing and communication technologies improve.

L'intelligenza fluida di cui parla il prof. Rullani è all'opera. Nei blog, nelle communities, nei forum, su Second Life, ovunque. Nella rete, appunto. E, nella sua fluidità, sembra essere perfettamente adatta a questa società liquida.

mercoledì 11 giugno 2008

voglio trovare un senso

Possibile, motore della complessita'.
Improbabile diventa probabile.
Scritto maiuscolo, come Dio della liberta'.
Quante vie, biforcazioni, connessioni mai immaginate.
E accadimenti non previsti che accadono e accadimenti previsti che non accadono.
Come Alice nel Paese delle Meraviglie, diventare all'istante molto grandi o molto piccoli, a volte grandi e piccoli insieme, senza saperlo prima e senza sapere il perche' ne' cosa succedera' poi.
Come un Tesoro. Di un valore ineguagliabile, che forse capiremmo a fondo solo se non ci fosse.

martedì 10 giugno 2008

sincronicità?

Domenica scrivevo il post more is different dedicato al lavoro di Philip W. Anderson.
Lo stesso giorno, mi dicono, è uscito un articolo su Il Sole 24 Ore dedicato sempre al fisico premio Nobel nel 1977. Mi dicono hai preso spunto, qualcuno scherza e dice hai fatto copia e incolla dal Sole?
Niente di tutto questo! E' stato un caso, o forse sincronicità. Ovvero quello che che la gente chiama coincidenza, non linearmente derivante da un rapporto causa-effetto.
Come uno scarabeo che sbatte sul davanzale dello studio di Jung mentre una sua paziente gli sta raccontando di averne sognato uno d'oro.
Oppure, più romanticamente, come dopo l'isola di H incontrarsi nella metropolitana di Parigi, riconoscersi tra miliardi di persone, unico luogo e unico istante possibile tra miliardi di luoghi, miliardi di istanti.

Grazie a Marcella Messina, dottoranda del CE.R.CO di Bergamo, per la consulenza sulla sincronicità.

domenica 8 giugno 2008

complessità nelle reti di trasporto

I casi della vita, si dice. Con Fabio Lamanna giocavo da bambino, al campetto di fronte casa.
Poi ci siamo persi di vista.
Ora lo ritrovo e fa queste cose qua.

Questa è la rete di U-bahn, S-bahn, Regional Bahn e Metronetz di Berlino. Complessità nelle reti di trasporto. Utilizza strumenti della teoria della complessità e delle reti per analizzare ed ottimizzare i trasporti. Qualcuno sostiene ancora che la complessità è solo una metafora?

Vi rimando a moto browniano per la spiegazione del progetto di Fabio.

more is different

Nel 1972 io non ero nato. Non ero neanche immaginato, credo.
Philip W. Anderson, premio Nobel per la fisica nel 1977, pubblica un articolo destinato a fare storia: More is different. Leggetelo, è illuminante.
Sosteneva ad esempio:
La capacità di ridurre ogni cosa a semplici leggi fondamentali non implica la capacità di ricostruire l’universo a partire da quelle leggi... Il comportamento di aggregati grandi e complessi di particelle elementari non si spiega in termini di una semplice estrapolazione delle proprietà di poche particelle. Al contrario, ad ogni livello di complessità compaiono proprietà interamente nuove.

Un vero e proprio attacco alla gerarchia. Alla gerarchia dei saperi innanzitutto. I saperi non sono compartimenti a tenuta stagna, non vi è supremazia di un sapere su altri. Sono connessi, interrelati, congiunti. Non vi è un sopra distinto da un sotto.
Perchè alcuni fenomeni, da sempre trascurati, emergono dal basso e quindi impongono di uscire dalla logica dei compartimenti stagni. Impongono di passare dinamicamente da uno stato ad un altro, e quindi da un sapere ad un altro. Chimica che emerge dalla fisica, scienza della vita dalla chimica, auto-coscienza dalla biologia, coscienza collettiva sociale dalla coscienza individuale, economia della vita comunitaria organizzata dalla coscienza sociale, e così via.

More is different. L’intero diventa non solo di più, ma anche molto diverso dalla somma delle sue parti. Non vi è un sopra e un sotto. Emergenza, la gerarchia scricchiola.

giovedì 5 giugno 2008

la piramide si sta rovesciando?

Oggi, secondo Thomas Mathiesen, filosofo del diritto norvegese, siamo passati da una società di stile panottico (i pochi controllano i molti) a una di stile sinottico (i molti controllano i pochi).

Panopticon: carcere ideale progettato nel 1791 da Jeremy Bentham. Pan = tutti, optikon = osservare. Che un unico guardiano potesse osservare tutti i prigionieri in ogni momento. Capo, guardiano, Dio. Controllore. E tutti gli altri controllati.

Ma oggi la piramide, sembra, si sta rovesciando. Merito anche e soprattutto della rete, di questa rete che corre veloce, molto più veloce delle società e delle organizzazioni ancora basate sullo stile panottico. Vita, innovazione che emerge dal basso.

Quello che spesso dimentichiamo, incantati dalla loro perfezione simmetrica, è che le piramidi egizie erano delle tombe. Forse, chi non cambia e resta nella sua piramide, ci lascerà le penne!

workshop su complessità e management

Vi segnalo il workshop La gestione della complessità: la fine del management? che si terrà il 18 giugno 2008 a Milano.
Qui il programma ed i relatori.
Gli organizzatori dicono che produrranno un “manufatto” (tendenzialmente un ipertesto strutturato attraverso una mappa semantica) da rendere disponibile in rete per avviare un dibattito più ampio, senza soluzione di continuità. E generare altri Eventi più vasti, più incisivi. Mi sembra un ottimo approccio, aperto e collaborativo.
Se potete partecipare il 18 credo ne valga la pena. Io non potrò farlo, ma spero di riuscire a dare qualche contributo on-line al "manufatto".

martedì 3 giugno 2008

l'isola di h

Questo week-end ho letto il romanzo H, di Andrea Ferrari.
Quella che trovate di seguito non e’ una recensione, ma una mia libera interpretazione a partire dagli spunti che la lettura mi ha dato.


H e’ un’isola, onirica o reale, o meglio onirica e reale, dove le relazioni sembrano essere governate dalla marea, quindi dalla luna, dal caso. Con l’alta marea, l’isola di H diventa due isole, separate e non comunicanti. Con la bassa marea, la strada non e’ fondale marino, torna ad essere strada e ricrea H.

Ma, al di la’ di questa apparente comunicazione singhiozzante, ad intermittenza, quindi non-comunicazione, al di la’ di questo, o meglio, al di sotto, vive una rete di incontri, caso, relazioni, momenti. Al di sotto, perche’ al di sotto del mare una intricata rete di tubi mette in connessione tutti con tutti. L’aria compressa porta i messaggi, porta la vita. Storie che si incastrano, ritorni simmetrici, come tutte figlie femmine tutte con lo stesso nome nate tutte da incontri nell’albergo di H, ed eccezioni che spaventano, impreviste e, soprattutto, imprevedibili. Un incontro nell’albergo che doveva avvenire e non avviene, una figlia femmina di nome Rose che non nasce, un futuro che chissa’ quali strade prendera’. Un possibile effetto butterfly che fa paura, proprio perche’ fuori controllo e, quindi, imprevedibile.

Una rete completamente intrecciata ma anche completamente gestita dall’alto dal potente e inafferabile Volange, alla ricerca di simmetria, alla ricerca di un tempo in cui ieri, oggi e domani siano sinonimi. Cambiamento stile Gattopardo, cambiamento perche’ tutto rimanga com’e’. Nonostante arrivino personaggi nuovi, tutto avviene perche’ doveva avvenire, e’ tutta conseguenza della rete degli eventi. E’ il cambiamento che fa paura, ad H, il cambiamento vero. Quando arriva il cambiamento vero, l’eccezione, quella imprevista e, soprattutto, imprevedibile, Xavier viene di fatto congelato, in uno stato inesistente, indefinibile, tra il sonno e il risveglio. Uno stato da cui rinverra’ solo una volta che il cambiamento sara’ stato gestito. Ad H, la sorpresa fa paura, la liberta’ anche. E’ tutto in rete, ma non in una rete vitale, pulsante, cangiante. Tutto in una rete di tubi, progettati dall’alto da ingegneri e gestiti da Volange.

Un gioco di corsi e ricorsi, di intrecci in cui tempo e spazio sono superflui accessori. Solo l’amore e’ piu’ forte. Quasar si innamora dell’angelo Julie, sentendo ogni mattina la sua voce che lo risveglia. Julie e’ una delle molte dipendenti tutte uguali della ditta Volange che dispensa risvegli telefonici ai cittadini di H. Ma, con gli occhi dell’amore, Julie e’ molto diversa, non e’ una delle molte dipendenti tutte uguali della ditta Volange, impossibili da vedere e a maggior ragione da incontrare. Un giorno, nella metropolitana di Parigi, qualche tempo dopo H, bastera’ un istante, un solo istante. Quasar e Julie si riconoscono. Nonostante le molte dipendenti tutte uguali. Nonostante i molti passeggeri tutti uguali.

Solo l’amore puo’ rompere un gioco progettato dall’alto sempre uguale a se stesso, in cui tempo e spazio sono superflui accessori.