martedì 24 giugno 2008

il post di Emil Abirascid per ComplessaMente

Come preannunciato ieri, ho l’onore di ospitare un post di Emil Abirascid, uno dei piu’ preparati giornalisti di innovazione in Italia. Emil scrive sul blog innov’azione, oltre a collaborare con Il Sole 24 Ore e altre importanti testate. Lo ho conosciuto ad Innovaction a Udine e abbiamo parlato a lungo di complessita’ e innovazione. In questo post per i lettori di ComplessaMente, analizza la situazione attuale e le prospettive del complesso ecosistema dell’innovazione in Italia. Un’innovazione sempre piu’ aperta, sempre piu’ rete, sempre meno muri e barriere. Grazie Emil.


Abbattere i muri nell’ecosistema dell’innovazione
di Emil Abirascid

Innovazione concreta, idee che diventano business, che aiutano il Paese a guadagnare in competitività e a investire nel futuro. Non mancano le idee e negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative a sostegno di tali idee: ci sono le Università che hanno iniziato a comprendere come sfruttare i risultati delle ricerche, ci sono gli incubatori, i parchi scientifici e tecnologici, i distretti, alcuni funzionano meglio di altri ma in generale il livello è buono. Ci sono anche le figure finanziarie come i venture capital, i seed capital e i business angel, le finanziarie regionali, e perfino alcune banche e fondazioni bancarie che dimostrano un crescente attivismo. Ci sono iniziative come gli eventi per fare incontrare start-up con investitori, le fiere come Percorsi dell’innovazione e Research to business, i premi come il Premio nazionale innovazione e Start-up dell’anno, entrambi organizzati dall’associazione degli incubatori universitari.

Insomma l’ecosistema dell’innovazione marcia e produce anche i primi risultati, start-up che hanno 3-4 anni di vita e che fatturano 1-2 milioni di euro nei più diversi settori: biotecnologie, nanotecnologie, information technology, robotica ecc.
L’ecosistema è però nato dal basso, senza una regia comune, senza una spinta istituzionale, è cresciuto con velocità diverse da regione a regione e ora per continuare a fare bene, per capitalizzare ciò che è stato realizzato fino a oggi, serve un passo avanti.
In attesa che le istituzioni prendano atto del fenomeno e dei ritmi rapidi con i quali si muove, serve lavorare su due fronti: creare maggiore sinergia tra gli attori dell’ecosistema dell’innovazione, accelerare sul fronte del dialogo con le imprese al fine di favorire il trasferimento tecnologico e della conoscenza.

Non servono convegni, congressi, propositi, progetti dai tempi spesso troppo lunghi per essere efficaci. Servono incontri, confronti, dialogo aperto. Serve che il giovane ricercatore che ha acceso la scintilla della sua start-up possa avere occasioni di dialogo con gli amministratori delegati di grandi, medie e piccole aziende. Serve che i due mondi si conoscano da vicino. Serve che le imprese che trainano l’economia del Paese trovino il tempo per andare a vedere che succede nei laboratori universitari, negli incubatori, nei parchi scientifici e tecnologici. Questa è la strada obbligata capace di portare vantaggi a tutti: alle imprese consolidate che hanno la possibilità di trovare innovazioni capaci di accrescere la loro competitività, alle start-up che possono entrare in contatto con il mondo industriale per creare partnership industriali e anche finanziarie.

Serve una maggiore cultura dell’innovazione che ruoti attorno alle questioni concrete che devono essere discusse, analizzate, affrontate e risolte una ad una, solo così si riusciranno ad abbattere i muri che ancora impediscono un pieno, franco e costante dialogo tra ricerca e impresa.

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