giovedì 28 agosto 2008

IWSOS 2008

Segnalo questo convegno sull'auto-organizzazione: dal 10 al 12 dicembre 2008, a Vienna, il terzo International Workshop on Self-Organizing Systems (IWSOS).
Principali argomenti di quest'anno (dal sito):

Self-organization and self-management
Self-configuration and self-optimization
Self-protection, -diagnosis, and -healing
Autonomic networking principles and practice
Control theory based models and approaches of self-organization
Feedback control in networked systems
Group-forming networks and techniques
Programmable and cognitive networks for self-organization
Visualization of network system state
Inspiring models of self-organization in nature and society (e.g., bio-inspired or based on game theory)
Risks in self-organization and risk management techniques
The (un-)controllability of self-organizing or emergent systems
Quality of Service / service level agreements and self-organization
Resilience, robustness and fault tolerance for networked systems
Security in self-organizing networked systems
Self-* sensor and ad-hoc networks
Self-* techniques in peer-to-peer networks
Self-organization of over- and underlays and in cross-layering
Self-* networks and networked systems for ubiquitous computing
Self-organization in heterogeneous network convergence
Evolutionary principles of the (future, emerging) Internet
Self-configuring place-and-play mobile networks
Self-organizing vehicular adhoc networks
Self-organizing multi-service networks and multi-network services
Methods for configuration and management of large, complex networks
Applications, e.g. the self-organizing home network
The human in the loop of self-organizing networks

sabato 23 agosto 2008

sono tutte palle!

Forse il gioco del biliardo è una metafora della vita. Con le sue traiettorie precise, dove non conta la fortuna, se sbagli è solo causa tua. Un ordine così silenzioso da far apparire tutto il resto, i piccoli e grandi accadimenti di ogni giorno, come deviazioni dalla perfezione euclidea, da ricondurre ad equilibrio. Il biliardo è una metafora della vita. La perfezione massima è colpire la palla e farla ritornare nell'identico punto di partenza, nè un millimetro più nè un millimetro meno. Lì, dove deve essere.

No, questa perfezione non è di questo mondo, non ci appartiene. Piccole deviazioni dall'equilibrio si amplificano creando nuovi mondi inaspettati, percorsi di senso e scenari mai percorsi. Succede che il per sempre diventa mai. Succede che arriva l'asfalto, scoppiano bombe, farfalle battono ali e creano uragani, sale il vento, il velo del tempio si squarcia.
Ma il biliardo può essere davvero una metafora della vita. Abbassandoci, cambiando visuale, stringendo gli occhi, capiamo che è impossibile fare fermare la palla nell'identico punto di partenza. Il panno verde è un complesso intreccio di fili, la palla bianca è molecole, il matrimonio tra i due mondi non è regolato dal per sempre, ma dal principio di indeterminazione. No, la palla non si ferma nell'identico punto di partenza. Mai! Allora sì il biliardo è una metafora della vita. Non c'è la razionalità perfettamente ordinata, c'è complessità, contingenza, approssimazioni successive. Si può perdere una medaglia d'oro per 4 millesimi di secondo.


Ps: la riflessione sul biliardo come metafora della vita è frutto della lettura del bel romanzo L'acchito di Pietro Grossi.

mercoledì 20 agosto 2008

recensione d'agosto

Luca Conti, uno dei piú autorevoli blogger italiani, ha parlato di Viaggio nella complessitá qui.
E della sua avventura con il libro, ricevuto, divorato quasi tutto in pochissimi giorni, poi perso, infine ritrovato e finito. Un cammino complesso, in piena sintonia con il libro, non c'é che dire.
Date un'occhiata alla recensione.

lunedì 18 agosto 2008

tre romanzi (e una considerazione)

Oltre i saggi vicini alla complessitá, in questo periodo di vacanza ho trovato il tempo per leggere tre romanzi: L’eleganza del riccio, Firmino, Nato in un giorno azzurro. Che bello trovare il tempo per leggere. Le giornate dovrebbero durare di piú, solo per lasciare un po’ di tempo per la lettura. Tre romanzi, sui quali scrivo solo qualche pensiero. Sono best seller dell’ultimo anno e li trovate recensiti un po’ ovunque.

Una considerazione, o meglio una domanda aperta, prima.
Che peso ha il nostro stato d’animo mentre leggiamo un libro? Che peso ha il momento in cui lo leggiamo? Che importanza ha il libro letto prima di quello che stiamo leggendo?
Leggendo mi ritrovavo a fare collegamenti e instaurare connessioni con quanto letto nei giorni precedenti, creando cosí un mio percorso di senso, in cui i singoli libri non erano che tappe di un mondo emergente diverso da quello di chiunque altro. E tutto questo era sicuramente influenzato dal contesto, dal mio stato d’animo ad esempio, dal mare cristallino della Sardegna, dal vento leggero come linfa vitale, dal sole giallo. In un altro contesto, credo, avrei creato un mondo totalmente diverso. Cosí, solo una riflessione. Solo per dire che anche leggendo non siamo fruitori passivi, ma creatori attivi di una delle realtá possibili. Protagonisti della co-evoluzione nello spazio delle possibilitá.

Ed ora, ecco il mondo che ho creato.

L’eleganza del riccio, di Muriel Barbery. É un romanzo di sensibilitá e grazia di donna. Mi é piaciuto, l’ho apprezzato, mi ha commosso alla fine. Ma credo di non averlo potuto gustare a pieno, purtroppo. Perché credo che tale privilegio per questo libro sia lasciato alle sole donne. Una storia d’amore, al di lá delle apparenze, al di lá delle meschinitá. Dove l’amore é rappresentato dalla grazia, dall’eleganza che contraddistingue e connette tra di loro i personaggi principali del romanzo, la portinaia Renée, l’adolescente Paloma, monsieur Ozu, la governante portoghese Manuela, che hanno in sé l’eleganza del riccio, fuori protetti da aculei, ma dentro semplici e raffinati come i ricci, fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti.

Firmino, di Sam Savage. Ovvero un topolino che vorrebbe essere umano, perché nell’uomo vede i segni di una possibile elevazione, verso le altitudini della letteratura, dell’arte, dell’amore. Invece é un ratto, sudicio, ladro, nato da una pantegana alcolizzata, fortemente zavorrato a terra. Vorrebbe volare, ma non puó, non é della sua condizione. Eppure Firmino, assaggiando pagine e pagine di libri, masticandole golosamente, impara inizialmente a distinguere i libri tra loro a seconda del gusto: alcuni sono piú dolci, altri salati, taluni amari. Sembra essere la personificazione (topificazione?) della grande massima di Francis Bacon: “"Alcuni libri vanno assaggiati, altri divorati e alcuni, rari, masticati e digeriti". Mangiare pagine diventa un vizio, una dipendenza, finché non si scopre capace di leggere. Ecco il motivo di vita, grande inno alla lettura, anche quando tutto attorno diventa morte, distruzione, lacerazione.

Nato in un giorno azzurro, di Daniel Tammet. Un romanzo autobiografia di un genio dei numeri, affetto da una forma di autismo, la sindrome di Asperger. Tammet, oggi 29enne, racconta la sua vita, la sua infanzia e la sua adolescenza di difficile diversitá, fino ai successi di oggi, legati alle sue impressionanti capacitá di calcolo. Ma é soprattutto emozionante entrare nella sua mente e capire come per lui i numeri siano immagini, disegni, colori. Per cui il 37 è grumoso come semolino, l'89 è neve che cade, i numeri primi sono lisci come ciottoli. E le operazioni tra due numeri sono ancora immagini che si intersecano in un istante a formare il risultato nella sua mente. E quando Tammet, per beneficienza, ha recitato a memoria 22.514 cifre del numero pi greco, ha pensato a un paesaggio impresso nella sua testa, fatto di vette solitarie, morbide discese, asperitá non scalabili, pianure soleggiate. Un libro che, al di lá del forte messaggio sulla diversitá, inonda di immagini e colori.

Ecco il mondo che ho creato e qui condiviso con voi. Fatto di ricci, solo all'apparenza pungenti. Popolato di numeri fluttuanti come piume color pastello su paesaggi verdi e soleggiati. Intriso dell'odore forte dell'alcol e di urina in cui un ratto sguazza ogni giorno e ogni notte, ma anche del profumo intenso della carta stampata dei libri, che altro non è che il profumo di fiori di campo e spiagge lontane e sottane e giorni di pioggia e vattelapesca.

lunedì 11 agosto 2008

il senso e la narrazione

Un altro saggio che ho letto e apprezzato molto durante queste vacanze é Il senso e la narrazione di Giuseppe O. Longo. Pagine che raccontano dell’importanza del racconto, che da sempre dá voce al nostro inesauribile bisogno di senso. Comunichiamo, raccontiamo, narriamo, perché non possiamo farne a meno, per il nostro inesauribile bisogno di senso. Ciascuno di noi non fa altro che raccontare e raccontarsi interminabilmente una storia di sé stesso nel mondo.

E, nella complessitá, il racconto é fondamentale. Il complicato puó essere condensato in un’equazione, ma il complesso, il complesso no, puó essere solo raccontato. Scrive Longo:
Alla descrizione asettica, impassibile, neutra corrispondente agli strumenti computazionali e misurativi bisogna affiancare la narrazione: arborescente, impura, colorita, odorosa, meticciata e passionale.

Ancora meglio, la complessitá é racconti, al plurale, ciascuno diverso dagli altri. Non esiste un’unica veritá assoluta, inconfutabile, per sempre, ci sono solo racconti complementari che evidenziano parti di realtá. Ricchezza della diversitá e potere delle connessioni che integrano i punti di vista:
Esistono infinite descrizioni e ciascuna apporta un granello di verità: un aspetto etico rilevante della complessità è che non possiamo accontentarci di una descrizione, ma dobbiamo prenderne in considerazione tante, al limite infinite. Dobbiamo, accanto alla nostra o alle nostre descrizioni, accettare anche le descrizioni dell’Altro, riconoscendo loro pari dignità. […] Tutte le descrizioni sono complementari, nessuna esaurisce il mondo.

Crollano le veritá assolute, crolla la gerarchia dei saperi, compartimenti a tenuta stagna. Oggi c’é la rete dei saperi, intramata di assonanze e di analogie, che sempre più si rivela come il vero fondamento costitutivo dei saperi e delle culture e l’unico che può restituire senso globale all’attività di ricerca scientifica.
Oggi c’é la cultura dell’and, di accettazione, dove il tutto é maggiore della somma delle parti. E il racconto, emarginato dalla pretesa egemonica della scienza e relegato a superstizione, ha una sua grande dignitá, perché illumina piccole lande buie dell’esistenza, dove i simboli matematici non arrivano. Il complicato puó essere condensato in un’equazione, ma il complesso, il complesso no, puó essere solo raccontato.

Complessitá, esistenza come una pluralitá di racconti, come romantici romanzi d’amore e pagine da ridere fino al mal di pancia o da piangere fino a svuotarsi. Nelle parole di Ernesto Illy, nella prefazione a Prede o ragni: come ascoltare un coro, ricco di mille voci. Ecco la complessitá. Non la veritá, solo la veritá del dubbio. E, sebbene non lo raggiungiamo mai, non lo raggiungeremo mai, ecco che nel nostro viaggio, raccontando e raccontandoci, ci avviciniamo al senso.

giovedì 7 agosto 2008

voglio le mie scarpe

Volete divertirvi un po'? Create le vostre scarpe, é semplicissimo e spassoso. Per 6o$ l'americana Keds (storica azienda inventore delle sneakers) produce in 48h le scarpe disegnate da voi, con qualsiasi colore e qualsiasi immagine vogliate stamparvi.
Guardate qui, giocate.
E, giocando, riflettiamo. Progettisti, ricercatori, manager, imprenditori, riflettiamo.
Qualche spunto... Personalizzazione spinta. Innovazione aperta. Eco-sistema dell'innovazione. Management della complessitá. Nuovi modelli di business. Rete. Ciascuno creatore.




Un post sul caso Keds qui.

martedì 5 agosto 2008

competere nella complessitá

Il primo libro che ho letto in questo periodo é un testo sul management della complessitá. Si tratta di Competere nella complessitá di Alessandro Cravera, Partner di Newton Management Innovation e docente di strategia aziendale e comunicazione interna alla Business School de Il Sole 24 Ore.

Non é facile trovare libri convincenti sul management della complessitá, a mio avviso. Perché solitamente possono essere scritti da manager / formatori / consulenti che sanno poco di complessitá e la piegano ai loro fini utilitaristici (vendere libri, vendere servizi di consulenza). Oppure sono scritti da scienziati professori esperti della materia ma che, ahimé, non hanno mai messo piede in un'azienda. Il libro di Cravera, fortunatamente, non é né l'uno né l'altro.

Competere nella complessitá non é un libro rivoluzionario, ma si inserisce in una letteratura sull'argomento ancora povera nel nostro Paese e soprattutto in una cultura manageriale quasi sempre ancorata ai modelli tradizionali riduzionisti. Cravera vuole sensibilizzare i manager sulla necessitá di un cambiamento culturale, verso un approccio sistemico e sostenibile.

Volendo sintetizzare in un paragrafo quello che io ho colto come messaggio fondamentale, direi: non sono solo i risultati di breve termine a contare, l'obiettivo non deve essere la massimizzazione di una variabile aziendale, ad esempio il profitto. E se per massimizzare il profitto abbiamo intaccato la capacitá dell'impresa di essere competitiva nel lungo periodo? L'obiettivo non é, quindi, questo, tradizionalmente associato al valore per gli azionisti. E' invece necessario adottare una visione sistemica, tenere in considerazione nelle proprie decisioni manageriali il maggior numero di variabili e punti di vista possibili. Solo cosí si riduce il rischio di trovarsi impreparati di fronte alle discontinuitá, solo cosí é possibile essere pronti a cogliere l'attimo, quando, inaspettato, si presenta. Il fine ultimo é la competitivitá dell'impresa, la sostenibilitá di lungo termine.

Sostenibilitá é un termine assai di moda. Per le imprese, prima fu la produttivitá, poi la qualitá, poi l'innovazione, ora, sembra, sostenibilitá. Si noti ad esempio il trend decrescente di ricerche su Google per la parola innovation (in rosso), rispetto alla parola sustainability (in blu) (fonte Google Trends).

Molto spesso, con approccio semplicistico, il management riduce peró il concetto di sostenibilitá a quella ambientale, dimenticando che ad esempio nei documenti dell'Unione Europea la sostenibilitá é sempre a 360 gradi, ambientale, sociale, culturale, economica. Spesso sostenibilitá si traduce in piccole operazioni di facciata a favore dell'ambiente, o semplici dichiarazioni di intenti.

Cravera inquadra molto bene il tema della sostenibilitá delle imprese secondo l'ottica della complessitá. Competitivitá di lungo termine, vita dell'impresa negli anni, oggi che la vita media sta diminuendo drasticamente. E allora sostenibilitá inizia ad associarsi a termini quali diversitá e ridondanza. Solo favorendo e lasciando emergere la diversitá dei punti di vista si riesce ad avere la necessaria flessibilitá. La ridondanza, cognitiva, intangibile, da sempre vista come spreco da eliminare, rappresenta invece uno dei piú grandi valori aggiunti delle imprese nel momento della complessitá.

Il maggiore merito del libro é a mio avviso quello di inquadrare questo tema di fondamentale importanza per le organizzazioni secondo il punto di vista della complessitá. Il testo di Cravera si inserisce quindi di buon diritto nella nascente letteratura manageriale italiana sul tema della complessitá, contribuendo alla sensibilizzazione nella direzione del cambiamento.

lunedì 4 agosto 2008

back to work

Buongiorno a tutti!
Tornato.
Arricchito da molte belle letture di cui vi parleró nei prossimi giorni. Qualche saggio sulla complessitá e un po' di sana narrativa.
Con le mani rovinate per le lezioni di windsurf.
Con tanta serenitá, acqua trasparente salata e sole rigenerante dentro me.