sabato 26 marzo 2011

primo paragrafo di auto-organizzazioni

Ecco il primo paragrafo di Auto-organizzazioni.

Claude Monet, il grande pittore impressionista, era perfettamente consapevole che tutto cambia, tutto scorre mai uguale a se stesso. Un quadro ferma un istante che non tornerà mai più. Ed ecco che dipinge la cattedrale di Rouen con il primo sole, in pieno sole, a mezzogiorno, la sera, senza mai riuscire ad afferrarla veramente: «Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente».

Non lo sapeva, ma Claude Monet ha dipinto l’auto-organizzazione emergente dal basso. Prima ancora di definirla in questo capitolo e poi analizzarne esempi e applicazioni a livello fisico, biologico e sociale, guardiamo un quadro impressionista, per esempio ammiriamo il campo di papaveri conservato al Musée d’Orsay (figura 1).

Le parti, singole pennellate, non hanno alcuna proprietà, ma qualcosa accade a livello dell’intera opera, del sistema, diremmo in termini scientifici: forma, bellezza e ordine emergono come per magia. Per restare affascinati da questa poesia, nel senso etimologico di creazione (dal greco poiesis), bisogna allontanarsi un po’: adottare un approccio sistemico, non analitico. Soffermandosi troppo sulle singole pennellate, si perde il senso generale.

Scrive il premio Nobel per la fisica Robert Laughlin in Un universo diverso: «Un campo di fiori, così come ce lo propongono Renoir o Monet, ci affascina perché costituisce un perfetto insieme unitario, mentre le porzioni di pittura che lo compongono sono forme irregolari e imperfette. L’imperfezione delle singole pennellate ci racconta come l’essenza del dipinto sia la sua organizzazione».

Forma, bellezza, ordine, organizzazione emergenti dal basso come proprietà nuove e inaspettate non possedute dalle singole parti del sistema. Certo, nel caso del campo dei papaveri conservato al Musée d’Orsay si può tirare in ballo il genio di Monet, organizzatore che dall’alto impone il suo disegno all’opera, per quanto, nella creazione artistica, sovente il confine tra razionale e irrazionale sia sfumato. Semplificando, accettiamo di considerare Monet come organizzatore.

In molti fenomeni fisici, biologici e sociali, spesso questo organizzatore non c’è. come se i singoli papaveri dipingendo se stessi e ritoccando i papaveri vicini avessero dipinto l’intero paesaggio. Un tutto, maggiore della somma delle parti costituenti, che non nasce da un progetto prestabilito dall’alto, ma emerge imprevedibilmente da interazioni locali dinamiche: è, quindi, auto-organizzazione. Un altro premio Nobel sul nostro cammino, il fisico Philip Warren Anderson, una vita dedicata a questi temi che si inseriscono all’interno del più generale interessamento per i sistemi complessi, non nasconde lo stupore che si prova davanti al processo dinamico alla base dell’auto-organizzazione: «L’emergenza, in tutta la sua infinita varietà, è il mistero più affascinante della scienza».

Questo libro sarà un cammino nell’infinita varietà, nell’affascinante mistero. Nel primo capitolo ne capiremo innanzitutto la genesi e le caratteristiche principali. Poi, nel secondo e terzo capitolo, ne rappresenteremo alcuni dei più importanti esempi nel mondo fisico e biologico, per poi toccare, nei capitoli quarto e quinto, il mondo sociale e, in particolare, quello delle imprese. Tre auto-organizzazioni (fisica, biologica, sociale) o un unico fenomeno? Una sintesi finale nel sesto e ultimo capitolo. Ma, se è vero che conoscere il territorio è sempre utile, incominciamo dando un’occhiata al contesto di riferimento.

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